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Le organizzazioni dei FabLab e la costruzione di un FabLab

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Si é appena tenuto al FabLab di Torino un workshop di due giorni su come aprire e gestire un FabLab. Il workshop ha registrato il sold out dopo poche ore, visto il notevole successo cercheremo di replicarlo anche in giro per l’Italia. Qui a seguito la mia presentazione:

Aggiungo inoltre che ho iniziato a scrivere per CheFuturo! con un articolo sulle differenti piattaforme ed organizzazioni per la facilitazione e coordinazione dei FabLab. Lo riposto qui sotto la stessa licenza Creative Commons

I FabLab sono nati quasi per caso grazie al Center for Bits and Atoms (CBA) presso il MIT, con un primo laboratorio a Boston, e poi con una costante crescita non pianifcata: spesso sono nati per una richiesta locale, vista l’utilità di questi laboratori. Si possono trovare FabLab in ogni continente, non solo negli Stati Uniti: da San Paolo in Brasile a Lima in Perú nell’America Latina, da Helsinki in Finlandia a Siviglia in Spagna in Europa, dal Ghana o Sud Africa in Africa, dall’Afghanistan all’India od Indonesia in Asia. Sono passati più di 10 anni dal primo FabLab, e 10 anni dalla prima conferenza mondiale dei FabLab (Fab10, la prossima conferenza annuale, si terra nel Luglio 2014 a Barcellona). La stessa organizzazione della rete dei FabLab si é sviluppata ed evoluta nel corso degli anni, dato che i FabLab sono nati quasi per caso: non c’é stato un progetto definito sin dall’inizio, ma un progetto aperto in costante sviluppo in equilibrio tra il Center for Bits and Atoms prima e la Fab Foundation poi, e la comunità dei FabLab. Le piattaforme online che sono state sviluppate per la mappatura e la facilitazione della rete dei FabLab rappresentano differenti approcci alla gestione e organizzazione della rete dei FabLab: risulta quindi interessante analizzarle per capire non solo il passato e il presente ma anche il futuro della rete.

Dato che la rete dei FabLab é nata con le attività del Center for Bits and Atoms, fu naturale conseguenza che per i primi anni la mappatura dei FabLab venisse fatta dal CBA. Sul sito del CBA é quindi presente una lista aggiornata solo sino al 6 Maggio 2012, con 128 FabLab realizzati e altri 27 pianificati per il futuro. Si tratta quindi di una lista centralizzata ma molto informale: per essere inseriti nella lista bastava inviare una e-mail con i dettagli del proprio lab, e di conseguenza il CBA inseriva il laboratorio nella lista senza effettuare controlli o specificare criteri.

Con il tempo si é affiancata un’altra lista, questa volta proveniente dal basso, dalla comunità dei FabLab e ospitata nel wiki del Fab Lab Vestmannaeyjar presso l’Innovation Center Iceland, in Islanda.
L’elenco é ancora attivo e presenta 262 laboratori in tutto il mondo. Essendo un wiki, chiunque può aggiungere il proprio lab, per cui il controllo della qualità del FabLab viene lasciato all’utente stesso (o ad altri utenti), che deve certificare che il proprio laboratorio segua un FabLab conformity rating, un sistema di analisi dei FabLab. Questo sistema prevede una votazione su tre livelli, partendo da C e arrivando ad A, sul livello di implementazione delle 4 condizioni per potersi definire un FabLab, che sono:

  1. il FabLab deve essere pubblicamente accessibile;
  2. il FabLab deve seguire e mostrare la FabCharter, il manifesto dei FabLab redatto dal prof. Neil Gershenfeld del CBA;
  3. il FabLab deve garantire la disponibilità di un insieme di strumenti e processi condiviso con gli altri FabLab;
  4. il FabLab deve essere attivo e partecipare alla rete di tutti i FabLab.

Sono quindi possibili tre valutazioni per ogni criterio, A, B e C, che specificano nel presente momento lo stato di sviluppo del FabLab, partendo da un CCCC fino ad arrivare ad un AAAA. Si tratta quindi di un primo strumento condiviso per definire cosa sia e cosa debba fare un FabLab.


Nel frattempo in Italia, la comunità dei makers e dei FabLab italiani si é via via raccolta all’interno del gruppo Fabber in Italia su Facebook. All’interno del gruppo é nata una mappatura dei FabLab (e, più generalmente, dei laboratori di fabbricazione digitale condivisi) con un documento editabile dai membri del gruppo. Al momento conta 36 laboratori (ma non tutti sono propriamente dei FabLab). Per potersi meglio strutturare e comunicare, dal gruppo é nata l’associazione Make in Italy, che si presenta come luogo di ricerca e coordinamento di iniziative volte a favorire la nascita di una cultura della personal fabrication attraverso la condivisione di conoscenze e connessioni. All’interno del sito dell’associazione é presente una mappatura dei laboratori italiani, sviluppata a partire dall’elenco generato su Fabber in Italia. La conversione del documento in mappa non é automatica, infatti al momento la mappa segnala 24 laboratori (sui 36 presenti sul documento editabile su Facebook). Si tratta di una mappatura dal basso (su Facebook) che viene poi filtrata dall’Associazione.

Nel frattempo, il CBA ha mostrato l’intenzione di dedicarsi solo a ricerca e formazione, comunicando che la gestione della rete dei FabLab non debba essere una sua funzione. Nata dall’MIT, la rete dei FabLab si é affrancata dall’MIT, anche se i fondatori quali Neil Gershenfeld hanno ancora un ruolo importante. Si é quindi assistito allo spostamento della gestione della rete dei FabLab dal CBA verso due direzioni. Da un lato, con la nascita nel 2011 della International FabLab Association (basata in Olanda), una associazione internazionale della rete dei FabLab che, senza molto successo fino ad ora, sta tentando di fornire un unico punto di accesso e facilitazione alla rete dei FabLab. Di fatto, l’associazione non propone nessuna piattaforma diretta né per la mappatura né per la facilitazione dei FabLab. Dall’altro lato, con maggior successo con la fondazione della Fab Foundation nel 2009 (basata negli Stati Uniti) che facilita la creazione di FabLab e fornisce loro servizi focalizzandosi su tre direzioni: educazione (.edu), organizzazione e servizi (.org) e opportunità di business (.com).
La FabFoundation ha quindi sviluppato recentemente un proprio nuovo sito e la piattaforma fablabs.io per la mappatura e la facilitazione dei FabLab. Si tratta in questo caso di un mix dei precedenti meccanismi: la segnalazione dei laboratori avviene dal basso direttamente sulla piattaforma, ma la presenza dei laboratori viene confermata da altri FabLab e dagli amministratori del sito. Si cerca quindi di sviluppare la mappatura dal basso con anche un feedback dal basso da parte dei FabLab esistenti e con dei curatori all’interno della piattaforma. La piattaforma é ancora in fase di sviluppo, e presto fornirà non solo strumenti per la comunicazione di orari, eventi e macchinari dei laboratori, ma anche per la comunicazione tra i laboratori (che ora avviene solo tramite videoconferenza). Al momento, all’interno della piattaforma sono elencati 214 laboratori, di cui 11 italiani.

La piattaforma é stata sviluppata all’interno del FabLab Barcelona (uno dei più rilevanti nella rete) da Tomas Diez (direttore del FabLab) e dal programmatore John Rees in maniera open source su GitHub, e rilasciata con licenza MIT, per cui é possibile partecipare al suo sviluppo, segnalare errori e problemi e suggerire nuove funzionalità. La piattaforma verrà dotata di API REST (una prima versione é disponibile all’indirizzo https://api.fablabs.io), per cui sarà possibile costruire applicazioni e visualizzazioni e analisi con i dati presenti nella piattaforma, rendendola ancora maggiormente aperta verso futuri sviluppi.

Si é passati quindi da una gestione centralizzata della rete da parte del CBA ad una senza CBA in equilibrio tra FabFoundation globale e FabLab locali in reti, associazioni e fondazioni regionali e nazionali. Non solo dal punto di vista delle piattaforme, ma anche dal punto di vista organizzativo: il funzionamento delle piattaforme riflette e indica la natura organizzativa della rete. Come detto precedentemente, questa é una organizzazione emergente, per cui la situazione potrebbe evolvere in differenti direzioni.
E per un singolo FabLab che desidera costruire il proprio sito? Di fatto, ogni FabLab sviluppa autonomamente il proprio sito, che sia con WordPress o con Drupal. Nel 2013 ho lavorato allo sviluppo del MUSE FabLab (qui su fablabs.io) a Trento (ne ho già parlato su CheFuturo! qui), e tra gli elementi che ho progettato c’é stato anche il sito web, che é ora in fase di ultimazione da parte di Matteo Perini e Sabina Barcucci che gestiscono il laboratorio (il mio compito di sviluppo e lancio del laboratorio é oramai concluso). Presto sarà online a questo indirizzo: http://fablab.muse.it. Ho approfittato dell’occasione per costruire un sito base denominato FabDrupal (tecnicamente é infatti una distribuzione Drupal) che possa essere usato, dopo una customizzazione, da ogni FabLab. Il sito prevede la costruzione di una comunità, l’archiviazione dei progetti, la descrizione del laboratorio, una gestione degli eventi, una mappatura dei partner e fornitori nel territorio (per poter capire il ruolo del territorio nella vita del FabLab): il tutto con API aperte REST per poter accedere ai dati del sito e quindi creare analisi, visualizzazioni e applicazioni apposite. La distribuzione FabDrupal é quindi accessibile su GitHub sotto licenza MIT: chiunque la può installare e adattare alle proprie esigenze e contribuire al suo sviluppo.

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